Alberto Pian

IL “CARATTERE”. NON SERVE ALTRO PER RACCONTARE UNA GRANDE STORIA

THE WHALE, DARREN ARONOFSKY, 2023. Questo film è girato in 4:3 e Charlie, il protagonista, occupa gran parte delle inquadrature perché è estremamente obeso, è una persona imponente, enorme. Questa presenza così imponente del personaggio innanzitutto porta lo spettatore più vicino a Charlie. In questo modo viene stabilita una relazione importante con il dramma di Charlie e con la sua stessa figura.

La bulimia di Charlie

La bulimia di Charlie può suscitare ripugnanza, non nel senso di condanna morale ma di autodifesa, cioè di timore di cadere nella stessa trappola. Del resto, in forme più limitate, la dipendenza dal cibo e semplici disturbi del comportamento alimentare, sono molto diffusi e le persone fanno oggettivamente fatica a liberarsene. Perciò non è davvero semplice accettare un uomo come Charlie, incapace di prendersi cura di sé, talmente obeso da non riuscire a muoversi, se non a prezzo di sforzi sovrumani. È come dire: “Guardalo bene, smettila con i pregiudizi e i timori, questo è Charlie, un uomo, un grand’uomo, con i suoi problemi, certo, ma è Charlie.”

Creare il personaggio in modo perfettamente adeguato.

Dunque Charlie occupa gran parte dello spazio, è lì, la sua presenza non è evitabile, anzi lo schermo si arricchisce dell’umanità e della dolcezza di Charlie. È un rapporto umano quello che si vuole creare con lo spettatore attraverso la scelta del 4:3 e l’ingombro della sua persona. Questo ingombro non è solo una questione fisica, di composizione dell’inquadratura, perché porta in primo piano il carattere e il temperamento di Charlie, la sua ricchezza di sentimenti, il suo atteggiamento riflessivo, padrone e cosciente.

Charlie ha un viso buono, rotondo, quasi infantile, ingenuo, di un ragazzino che ama la vita e i suoi occhi così semplici, genuini, trasparenti, sono davvero lo specchio della sua anima, gentile come il suo cuore. I suoi tratti distintivi devono trasmettere allo spettatore tutta la sua umanità e bellezza. Questi tratti compensano anche gli eventuali pregiudizi e sentimenti di disgusto che il pubblico potrebbe provare e, come vedremo, la durezza di Ellie, sua figlia, si contrappone a questi lineamenti e alla personalità di Charlie.


È dunque sull’umanità di Charlie che si costruisce il rapporto con lo spettatore


Prima di tutto Charlie è un professionista devoto che ama il proprio lavoro di insegnante universitario di inglese. È autorevole, coscienzioso, sa di far del bene ai suoi allievi operando seriamente.
Charlie viene rappresentato prima di tutto per la sua grande qualità professionale che non possiamo non apprezzare e attraverso la quale ci avviciniamo a lui. Rifiuta la proposta di Liz l’infermiera e di un predicatore della New Life di farsi ricoverare in ospedale, nonostante il film si apra proprio con i sintomi di un infarto, con la pressione a 238 / 134 e un forte sibilo nella respirazione. Liz predice a Charlie che morirà nel WE se non andrà in ospedale ma Charlie risponde che proprio per questo sarà meglio che si dedichi ai compiti dei suoi studenti.
Charlie pensa di morire da un momento all’altro e legge con passione e trasporto la tesina che sua figlia Ellie aveva scritto per l’esame di terza media. Questa tesina è una critica al romanzo Moby Dick di Melville. Charlie la legge e rilegge continuamente, l’ha imparata a memoria. Noi non sappiamo per la gran parte del film che si tratta di un lavoro di sua figlia. Un lavoro curioso poiché anche Charlie è una “balena” e nella tesina si legge che “questo libro mi ha fatto riflettere” e che se Acab avesse ucciso la balena “la sua vita sarebbe stata migliore”. Questi rimandi alla letteratura e queste metafore che legano la storia di Charlie al romanzo di Melville e a sua figlia, mostrano quanto Charlie senta e partecipi alle riflessioni di una figlia Ellie, che ama e che alla quale è legato da chiari sentimenti anche se non la vede da quando Ellie aveva otto anni e ora ne ha 17.
In questa tesina Charlie vede il talento di Ellie per una scrittura vera e personale, al contrario dei propri studenti che impiegano frasi fatte e scopiazzano i contenuti. Charlie prova una sincera stima per sua figlia, e quando fra poco la incontrerà, dirà a Liz:
“Ho paura che abbia dimenticato che è una persona meravigliosa.”
Charlie non si preoccupa della morte, ma dei sentimenti e delle relazioni fra esseri umani. La figlia, invece prova rancore e odio verso il padre, non pensa di essere amata da lui perché è stata abbandonata all’età di otto anni.
In realtà le cose sono diverse da come Ellie le ha conosciute o sua madre gliele ha presentate, e questo sarà un tema centrale di una storia che propone un rapporto molto complicato, ma che Charlie farà di tutto per chiarire.
Charlie non vede Ellie da quando aveva otto anni e ora, che ne ha 17, entra in casa di suo padre all’improvviso per la prima volta. Ha saltato la scuola e a Charlie, che si interessa del suo andamento scolastico, al minuto 0:22:17. dice:

“Mi vuoi fare da padre, adesso?”
“Nooo, pensavo che avremmo potuto passare del tempo insieme”
“Non voglio passare del tempo con te, tu fai schifo.”
“Be’ sono molto più grosso dell’ultima volta.”
“Non parlo del tuo aspetto fisico, tu fai schifo anche se non fossi così grasso. Resteresti quella merda di padre che mi ha abbandonata quando avevo otto anni perché volevi scoparti un tuo studente.”

In questa e in tutte le altre occasioni, Charlie risponde sempre con grande pazienza, indulgenza e affetto alle provocazioni di sua figlia.
Così lo sguardo duro della ragazza viene mostrato in parallelo a quello buono e dolce di suo padre, formando il contrasto che caratterizza il rapporto conflittuale fra Charlie e Ellie. In effetti Charlie si era innamorato di un suo studente scoprendo la propria omosessualità, cosa che aveva portato alla fine del matrimonio. Il divorzio era stato vendicativo da parte della madre di Ellie, che aveva ottenuto l’affidamento esclusivo di Ellie all’insaputa di Ellie stessa che così aveva incolpato Charlie di non avere più voluto avere rapporti con lei.


Ellie non è rappresentata come la solita ragazzina adolescente, un po’ stupida e invasata. Ci sono i tratti tipici di quell’età, ma il personaggio è costruito in modo tale da mostrare che la ragazza è intelligente, attenta, disposta a riflettere e nasconde una grande umanità.
A esempio Ellie chiede a suo padre di scrivere una tesina per lei. Charlie, con molto tatto, le suggerisce di scriverla lei stessa con il suo aiuto poiché ne è capace. E quando poi ne discutono Charlie le spiega che dovrebbe analizzare il testo della poesia di Witmann, senza fermarsi a commenti formali e generici sull’opera. Le dice che dovrebbe proprio leggere quella poesia di Witmann, che quella dell’io è una “metafora”, che la poesia racchiude dei significati. Allora Ellie dapprima ribatte che suo padre parla come i suoi insegnanti e poi dice che la poesia l’ha letta, certo che l’ha letta:

“Pensi che se non vado pazza per quella cazzo di poesia significa che non l’ho letta? Invece l’ho letta. È prolissa, è stupida, è ripetitiva, anche se pensa che la sua metafora dell’io è profonda, è solo un cumulo di strozzate perché in realtà lui non è altro che una checca sfigata del XIX secolo.”
“È interessante questa prospettiva. Ne verrebbe fuori un tema interessante.”

Ellie rimane sorpresa a queste parole, ma poi invita suo padre a scriverle nella tesina quella cosa dell’esplosione del sé a cui Witmann si riferisce. Ellie non vuole concedere a suo padre un punto di vantaggio a scapito della sua rabbia, ma non può non essere colpita dalle sue osservazioni così sincere. Charlie, del resto conosce a memoria la tesina di Ellie su Moby Dick proprio perché è stata una tesina critica nei confronti dell’opera, nella quale Ellie ha espresso il suo pensiero genuino e divergente. Charlie apprezza esattamente questo: il soggetto che è in grado di mettere qualcosa di se stesso in quello che fa.
Allo stesso tempo il rancore e l’odio che Ellie ha accumulato da nove anni tendono a esplodere improvvisamente. A un certo punto Ellie scioglie du pastiglie di sonnifero nell’acqua per il padre e, ovviamente si creano dei problemi. Tuttavia, nonostante le parole che impiega e quello che combina, si capisce che Ellie è confusa da sentimenti contrastanti che devono essere esternati, proprio perché si possano sciogliere.
A esempio, al minuto 1:17:11, esasperata dalla presenza di sua madre Mary (alcolizzata), che è arrivata a casa di Charlie per la prima volta dalla separazione, Ellie sta uscendo arrabbiata. Allora Charlie le dice:


“Aspetta, Ellie so che non volevi farmi del male, so…” (a proposito del sonnifero).
“Piantala, non m’importa un bel niente di te, ficcatelo in quella testa di cazzo.”
“Ellie ti prego…”
“Anzi, sbrigati a crepare.”
“Basta” (dice Mary).
“Ellie, il tuo.. il tuo tema…”
Ellie prende il tema e mentre se ne va sbattendo la porta, Charlie le dice: “È davvero un bel tema.”

Dunque, che cosa abbiamo scoperto?

Abbiamo scoperto che le scelte narrative riguardano il personaggio. Questa storia è centrata sul temperamento e il carattere e non sulla “storia” e quando una storia è centrata sul character deve essere costruita intorno al character, cioè ai sentimenti e ai valori del personaggio, e perciò appare grande.

Continuiamo perché altri elementi aiutano lo spettatore a “entrare in Charlie”.

ntanto questa storia non ha quasi azione, è ferma poiché il personaggio stesso è fermo, non ci sono movimenti, inseguimenti, semplici camminate, scontri, perché Charlie fondamentalmente non si muove e quando si sposta si vede il peso di una fatica inumana. Certo, il film è tratto da un’opera teatrale e l’autore dell’opera, Samuel D. Hunter, è anche lo sceneggiatore del film, ma non è quello il motivo della staticità della rappresentazione poiché, se avesse voluto, avrebbero potuto modificarla inserendo maggiori elementi “cinematografici”. E se la produzione ha dato l’ok è perché davvero, quella sedentarietà e il contesto unico rappresentato dall’abitazione di Charlie – specialmente dalla sala, dal divano e dalla sedia a rotelle in cui si accascia – è un preciso valore della narrazione cinematografica e non un retaggio teatrale.

L’inuqadratura 4:3 classica con Charlie


Non ci sono effetti speciali, colpi di scena adrenalinici, scene e inquadrature costruite esclusivamente per soddisfare gli occhi. Non c’è nulla di questo, come non ci sono imprevisti fini a se stessi, MacGuffin, o espedienti che hanno il solo scopo di tirare avanti la storia per intrattenere il pubblico.
Non c’è una reale “azione”, così come non c’è un effettivo movimento. È una rinuncia importante per un’opera cinematografica, e il senso è che il character basta, è sufficiente, non ci vuole altro, solo il personaggio e la sua prorompente umanità e professionalità nel suo lavoro. Conta solo questa semplicità, perché questo è il bello dell’essere umano, essere proprio un essere umano.

Ovviamente ci sono elementi collaterali

A esempio è presente un forte tema laico e antireligioso. Alan, il compagno di Charlie, si è suicidato proprio a causa dei sensi di colpa che provava per essere omosessuale. Questi sensi di colpa erano stati amplificati dalla setta religiosa locale dei New Life, che era diretta proprio dal padre di Alan, che ha cacciato il proprio figlio dalla comunità ecclesiastica, provocandone il suicidio. L’obesità di Charlie nasce come una sorta di autopunizione per la morte del suo compagno Alan e questo è anche un altro tema presente nella storia, un altro filone narrativo.

Tuttavia, tutti questi intrecci fra Liz, il fratello Alan, il nuovo giovane predicatore della comunità, Ellie e addirittura Mary, la madre – che abbiamo visto comparire in casa di Charlie – acquistano importanza e significato solo in funzione del carattere di Charlie, della sua figura e della sua umanità, che via via si delineano e sono sempre al centro della storia. Anzi, sono, esattamente, la storia.

La coerenza del character di Charlie si mantiene per tutta la narrazione senza alcun tentennamento. Lui, che è la persona ora più debole, più problematica fra tutte, lui che sta per morire, il cui cuore sta per cedere, proprio lui, appare come la persona più lucida, più consapevole, più guidata da sentimenti positivi e chiari rispetto a tutti coloro che hanno un posto in questa storia. A un certo punto Mary, parlando di Ellie, dice a 1:22.20:


“Il fatto è che ho passato troppo tempo a raccontarmi che è una ribelle, una ragazza difficile. Charlie, è cattiva.”
“Non è cattiva” risponde Charlie con trasporto e dolcezza, quasi a comprendere la posizione della madre.
Allora Mary mostra la foto che Ellie che ha pubblicato in un post, che raffigura suo padre, enorme, in piedi che si trascina con la scritta: “Sai come sfrigolerà l’inferno quando lui comincerà a bruciare.” Una cattiveria che sembra sorprendere un pochino Charlie. Mary allora dice:
“Non te la prendere, sono stata oggetto di parecchi post anch’io.”
Ma Charlie, superato un attimo di stupore dice:
“Scrive molto bene.”
Mary sbotta: “Sarebbe questa la tua reazione?”
E Charlie: “Non è cattiveria, è sincerità. Lo sai quante stronzate ho dovuto leggere in vita mia?”
“Mio Dio, io non ti capisco Charlie.”
“Tutte le volte che ti chiamavo e ti chiedevo “come sta?” Tu dicevi: “Sta bene”. Se era così cattiva…”
“Che cosa avrei dovuto dirti? Che faceva piangere i compagni di classe e bucava le gomme alle auto degli insegnanti? Non era questo che avresti voluto sentire.”
“Avrei potuto aiutarla.”
“Lei non vuole il tuo aiuto, non vuole l’aiuto di nessuno. Credi che non volessi che avesse un padre? Lei ti adorava. Il motivo per cui mi hai sposata era perché volevi un figlio, lo so bene.”
“Mary ti prego.”
“Be’. è proprio come ai vecchi tempi no?”

Anche in questo dialogo si vede la posizione di Charlie, che è molto lucida. Egli capisce le persone perché è un ottimo insegnante ed è un insegnante di letteratura. Al contrario Mary parla per difendersi dal suo stesso senso di colpa.

Tutto quello che abbiamo visto fin qui, solo a titolo esplicativo, è decisivo per diversi motivi.
Prima di tutto ci mostra che il personaggio è sempre più importante della storia, al contrario delle tendenze dominanti attuali, per le quali è una vera e propria mania quella di partire da una storia, “ho una buona storia”, “e se facessimo così?”, “mettiamoci questo”, “sviluppiamo così questo evento…”. Certo, una storia ben fatta si legge, guarda o ascolta molto volentieri. Ma ciò che all’uomo interessa è un altro uomo che gli possa insegnare, non a risolvere problemi entrando in “azione”, ma a diventare un uomo migliore egli stesso. È la funzione catartica quello che interessa di una narrazione, non la narrazione in se stessa.

Whale mostra che non abbiamo bisogno di inventare nulla di tecnicamente così rilevante per costruire una narrazione importante e di spessore. Non abbiamo bisogno degli estetismi di Povere creature, Zona di interesse, The Substance e così via, quando abbiamo Charlie con le sue sfaccettature, la sua anima, il suo modo di relazionarsi con il mondo. Un modo a noi sconosciuto perché non viviamo il suo stesso dramma, ma allo stesso tempo un modo a noi così noto perché tutti noi abbiamo un’anima.

Se c’è questo allora per fare un film basta uno smartphone qualsiasi che sia in grado di riprendere decentemente e una stanza come ambiente, non serve null’altro.

Liz, la sorella di Adam, l’ex compagno di Charlie, che lo accudisce.

Perché non si fa così, allora?

Be’ a parte il fatto che la varietà di narrazione e rappresentazione è sempre una buona cosa, la risposta è che 1. non si è capaci di “fare così” e 2. non è più tanto “utile”.
La cultura di massa, creata dalle élites dominanti per instupidire il pubblico (panem e circenses), è fatta per non pensare, per abituarci non esercitare la nostra critica, per sminuire la componente umana e i sentimenti al fine di rendere il pubblico superficiale e quindi adatto a vivere in una società basata sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla distruzione del suo ambiente naturale. Quindi ci sono tecniche effimere, come i modelli per la costruzione di storie, che vengono diffusi, insegnati, appresi e riutilizzati. Questi modelli sfornano storie tutte uguali o quasi, basate su azioni e ricerca estetica, ma povere di contenuti.

È tutto qui.

E, invece, notiamo in che modo incredibile Charlie, sapendo di morire, rimane aggrappato alla vita attraverso i sentimenti che prova, pur nella bulimia convulsa e nel suo mangiare compulsivo e terrificante (vedi da 1:32:00).
E poi ancora, quando Ellie rivela nei social che è e che che cosa ha fatto Thomas (era un finto predicatore che si è poi rivelato un ladruncolo), Charlie la difende, non per difendere la figlia, ma perché ha capito il motivo di questo gesto.

“Lei stava cercando di aiutarlo, voleva rimandarlo a casa, tutto qui.”

E, infatti Thomas, che non poteva più nascondere chi fosse e che cosa avesse combinato, tornerà a casa, ma verrà accolto e perdonato proprio grazie al modo brutale con cui Ellie ha svelato la verità costringendo Thomas ad affrontarla.

A un certo punto Charlie dice:

“Tu non hai mai la sensazione che le persone siano incapaci di non amare? Le persone sono meravigliose.”

Del resto, che cosa vale nella vita se non manifestare sentimenti ed essere sinceri?

Poi, in preda a una crisi bulimica convulsiva scrive ai suoi studenti di mandare a fanculo le letture e le tesine per scrivere qualcosa di sincero. Cioè di vero, possiamo dire perché la società in cui viviamo, a partire dalle storie che racconta e dalla sua”cultura di massa”, vive per la menzogna. Qualcuno di questi studenti allora inizia a scrivere cose sincere sulla propria vita e Charlie commenta:

“Le tesine non sono importanti. Questo corso non è importante. Il College non è importante. Queste incredibili cose sincere che avete scritto sono importanti.”

Poi arriva sua figlia e lui con convinzione precisa, puntuale, con tutta la consapevolezza di cui è capace, insiste nell’esprimerle la propria profonda stima, oggettiva e reale, per strapparla alla sua tendenza distruttiva.

E quindi muore davanti a lei, mentre lei accetta di leggere a voce alta a suo padre la sua tesina su Moby Dick. E suo padre, la balena, Moby Dick, si alza in tutta la sua imponenza e muore per liberare Acab – Ellie dalle sue stesse ossessioni.

Che spazio abbiamo per la verità e i sentimenti? C’è ancora spazio, ma è uno spazio che si sta chiudendo.


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