Alberto Pian

SOFIA ABAD, SOCIOLINGUISTA. IL POTERE DELLE PAROLE

La sociolinguistica esplora il linguaggio come fenomeno sociale, con un focus sul nostro modo di comunicare e come quest’ultimo influenzi e sia influenzato dalla cultura, dalla politica e dalla società. Attraverso il mio lavoro di traduttrice e interprete giurata, di studiosa e ricercatrice sui linguaggi contemporanei e attraverso il podcast “Parole e Potere”, mi dedico a scomporre e interpretare questi meccanismi: voglio aiutare chi mi segue a riconoscere i modelli comunicativi, soprattutto quelli che tendono a manipolare o a semplificare eccessivamente la realtà.

Sofia Abad , sociolingista, ricercatrice per comitato scientifico di ricerca per l’Associazione Mete patrocinato da FEDERFARMA. progettotalkwithme@gmail.com | www.instagram.com/talkwithme_official

Parla Sofia Abad

Talk With Me, vuole essere una piattaforma dove esploriamo i vari usi del linguaggio nella vita quotidiana, nei media e nelle narrazioni sociali.

Dal suo lancio, nel 2017, il programma si distingue per il suo approccio innovativo e rispettoso alle conversazioni, che vanno oltre le tradizionali interviste e gli schemi
televisivi per abbracciare il concetto di “Talk”.

Talk With Me” si propone di ispirare e informare il pubblico attraverso conversazioni genuine e spontanee.

L’obiettivo è educare alla veridicità della parola e alla sua importanza nella costruzione di una società inclusiva.
Attraverso l’ascolto di esperienze autentiche, vogliamo contrastare la strumentalizzazione linguistica e promuovere una comunicazione libera da pregiudizi e
discriminazioni.

É essenziale educare alla decodificazione dei linguaggi e alla consapevolezza dei significati di una « parola » al fine di garantire una narrazione più
sincera con le identità individuali, sociali e politiche.

Un episodio del podcast, particolarmente significativo per insegnanti ed educatori.

Il Podcast “Parole e Potere” si concentra sullo storytelling e sulla comunicazione rispettosa.

Ogni episodio offre conversazioni autentiche e approfondite con individui eccezionali, senza pregiudizi e nel pieno rispetto della diversità identitaria e di pensiero.

Propongo anche una parte più tecnica dove analizzo dal punto di vista sociolinguistico tematiche che rispecchiano situazioni ben precise o suggerite dagli ascoltatori.

Oggi la manipolazione mediatica avviene spesso attraverso ciò che chiamo storytelling guidato: narrazioni costruite per farci percepire gli eventi in un modo particolare.

Questo processo implica la selezione delle informazioni, la scelta delle parole e, talvolta, persino l’ordine in cui vengono presentati i fatti.

Ad esempio, un argomento può essere trattato in modo da suscitare paura, empatia, rabbia o indifferenza, modellando così la percezione del pubblico e le sue reazioni.

Nei media odierni, il tono emotivo è spesso amplificato per attirare l’attenzione, a discapito di un’informazione più equilibrata e riflessiva.

Questa manipolazione non è sempre palese, ma avviene anche attraverso piccoli dettagli che, accumulati, determinano una visione ben precisa della realtà.

Educarsi alla sociolinguistica e allo storytelling consapevole è un primo passo per essere consapevoli e per proteggerci.

Screenshot

Riconoscere, ad esempio, le tecniche di framing, ossia il modo in cui una notizia viene incorniciata per portare chi ascolta verso una specifica interpretazione, è fondamentale. Possiamo sviluppare un senso critico rispetto ai contenuti che consumiamo, imparando a porci domande come:

“Perché questa informazione viene presentata proprio in questo modo?” oppure “Qual è l’obiettivo di chi sta raccontando questa storia?”.

Cercare fonti diverse, incrociare le informazioni e confrontare punti di vista opposti sono pratiche che aiutano a proteggersi dall’influenza della manipolazione mediatica.

Viviamo in un’epoca in cui la comunicazione tende a semplificare eccessivamente temi complessi. Questo appiattimento spesso porta alla creazione di stereotipi: si tende a ridurre una varietà di voci e prospettive a una sola narrativa, che diventa dominante e normalizzata.

Nei social media, ad esempio, assistiamo alla ripetizione degli stessi concetti in formati brevissimi, come soundbites o meme, perdendo così la ricchezza della complessità. Questa dinamica non solo limita la nostra comprensione, ma rafforza i pregiudizi, creando una società più polarizzata e meno incline al dialogo. Credo che il compito di chi fa storytelling oggi sia recuperare la pluralità e la profondità dei temi, evitando scorciatoie narrative che possono diventare dannose.

Nel caso della guerra, i media tendono a usare una narrativa binaria: da un lato gli “eroi” o le “vittime”, dall’altro i “nemici” o i “colpevoli”.

Questo tipo di narrazione limita la nostra comprensione dei conflitti, perché ci allontana dalla complessità e dal contesto storico e culturale che spesso li genera.
Assistiamo a una semplificazione eccessiva della realtà, che risulta funzionale alla politica e al consenso pubblico. La guerra è un argomento complesso e, per comprenderlo, dovremmo poter accedere a più sfumature e opinioni, cosa che invece i media tradizionali spesso non facilitano.

La narrazione ufficiale sulle guerre in Medio Oriente, e in particolare sul genocidio palestinese, risente di un forte controllo delle informazioni e della terminologia.

Parole come “terrorista”, “difesa” o “attacco” non sono neutrali e hanno il potere di orientare il pubblico verso un determinato schieramento. Parlare di “genocidio” o “pulizia etnica” quando si riferisce alla situazione palestinese implica una consapevolezza della gravità delle violazioni subite, ma è un linguaggio del tutto evitato nei media mainstream, soprattutto occidentali, che tendono a utilizzare una terminologia più neutrale o ambigua.

Sono sicura che gli stessi giornalisti che nutrono amore profondo verso il proprio mestiere, la vivono male poiché non si sentono liberi di raccontare i fatti reali così come vorrebbero

e purtroppo costretti ad utilizzare certe terminologie piuttosto che altre, rimanendo così intrappolati in questo circolo vizioso dove si fanno i conti con valori e dignità professionale.

Alcuni hanno il coraggio di abbandonare il sistema della “Grande Stampa”, altri cercano di rimanere a galla, altri invece fanno finta di nulla perché in fondo chi glielo salda il mutuo di casa? La vita é dura per tutti!
D’altro canto, credo che una maggiore consapevolezza e una più ampia esposizione a fonti di informazione alternative possano davvero aiutare a interpretare queste narrazioni per ciò che sono ossia rappresentazioni parziali e, spesso, strumentalizzate.

Uno dei temi più urgenti oggi è la diffusione del linguaggio dell’odio e la radicalizzazione delle opinioni sui social media, che contribuiscono a polarizzare le persone.

Sto lavorando su un progetto di ricerca nel campo del sexting e del revenge porn, analizzando come il linguaggio influisca sulla percezione e sulle reazioni sociali legate a queste pratiche. Un’analisi sociolinguistica è fondamentale qui per comprendere come vengono costruiti stigma, colpevolizzazioni e pregiudizi. La scelta delle parole usate dai media, nei tribunali e nelle conversazioni quotidiane contribuisce a rafforzare o a combattere la cultura della vergogna e la colpevolizzazione della vittima. Nei miei progetti futuri, mi piacerebbe ampliare il podcast Parole e Potere, per affrontare questi temi e offrire strumenti di consapevolezza per smontare i discorsi dannosi.

Ci saranno inoltre altri progetti che annuncerò man mano sui miei canali social, con l’obiettivo di continuare a diffondere strumenti per interpretare e agire sulla realtà linguistica che ci circonda.

Ecco una risposta strutturata e chiara:

Sto attualmente cercando sponsor che credano nel potere delle parole e nell’importanza di sensibilizzare il pubblico sulle tematiche del sexting e del revenge porn.

A breve lancerò una nuova serie del podcast indipendente Talk With Me “Parole e Potere”, per il “Manifesto di Attenzione Sociale” con Mete e patrocinato da Federfama.

Se qualcuno fosse interessato a sostenere questo progetto, può contattarmi via mail a: progettotalkwithme@gmail.com.


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