Consegne
Il racconto deve rispettare alcuni vincoli
- Deve essere testuale, senza alcun tipo di grafica e di effetto e non deve essere accompagnato da immagini.
- La storia deve essere ambientata in uno specifico luogo che deve essere menzionato (Caracas, la cucina, una baita in montagna…).
- Nella storia devono comparire, obbligatoriamente: un alimento o un indumento da voi preferito (senza necessariamente specificare che lo preferiate).
- A scelta devono comparire due elementi fra i seguenti: età; situazione affettiva / coniugale; titoli (attestati, riconoscimenti) istituzionali; esperienze di lavoro e/o di studio.
Il modulo per svolgere l’attività
Link: https://forms.gle/naBR3QjYBopic5FMA
Le luci non illuminano più (esempio, come l’ho svolto io)
È già buio!
Mi accorgo di aver camminato a lungo in città solo per il piacere di fare due passi, di pensare e andare senza una meta.
Poi mi trovo davanti alle ampie vetrate del caffè Costarica. Entro. Mi piace lavorare in questo caffè che assomiglia ai locali di Londra, Berlino, NYC, dove moltitudini di persone leggono, scrivono, sorseggiano bevande calde. Mi piace scrivere con gli altri, anche se non conosco questi “altri”. Non so perché ma questo contatto rarefatto e, in fondo, inesistente, mi ispira, e sembra trasmettere una sensazione di calore.
All’epoca, quando studiavo Storia, non c’era questa abitudine fra gli universitari e non c’erano locali attrezzati per incontrarsi, studiare, lavorare. D’altra parte non c’erano computer portatili e neppure Internet, ma libri e quaderni si. Questa opportunità si è affermata un po’ per volta, solo di recente.
Perché proprio io, che amo studiare e lavorare in mezzo agli altri, ascoltarne le conversazioni, immaginare storie, curiosare partendo da dettagli che non mi fanno entrare in alcun posto – dato non conosco quelle persone e non le conoscerò forse mai – coltivo questo interesse per l’e-Learning? Non è curiosa questa passione per la distanza, quando adoro mescolarmi tra la folla?
Penso a questo mentre scelgo una delle miscele esotiche di Costarica che mi viene servita in una piccola tazzina italiana. Ci vorrebbe un caffè americano. Apro il portatile e appare Le luci rosse del colonnello. Lo potrei pubblicare. Ma non adesso. Voglio continuare a scrivere 29 Block, una intrigante video graphic novel a cui ho iniziato a lavorare per una suggestiva marca. Sono lì per quello. Il lungo banco è disposto tutto intorno alla vetrata che dà all’esterno. Insieme a me tante altre persone scrivono sui loro portatili. A volte si tratta di coppie che discutono e poi scrivono, scrivono e poi discutono. Mi volto e vedo le persone al centro di questo grande spazio, molto alto e arioso, sedute ai tavolini, che fanno più o meno le stesse cose che fanno tutti: si concentrano, scrivono, sorseggiano. Ai miei lati ci sono molti giovani assorti negli stessi compiti. Davanti a me, grazie a questa grande vetrata, vedo le persone che passano svelte attraversando il largo spazio fra il caffè e La Rinascente. Ma nessuna di loro mi osserva o sbircia all’interno della vetrata. Perché? Credo che sia curioso vedere dall’esterno una fila di persone darsi così da fare in questo clima natalizio sfaccendato. Anche all’interno le persone non si guardano: lavorano e basta. Tante persone isolate, eppure insieme. Fra due ore da questa vetrata vedrò mia moglie. Non ho bisogno del cellulare. Mentre lo spengo il profilo di ES in Instagram cerca di parlarmi delle storie che dobbiamo filmare, ma muore sullo schermo. Ho del tempo per concentrami su ciò che devo scrivere, me lo prendo, quindi scrivo e così anch’io mi immergo, come tutti quanti, in quello che devo fare.
Sento una voce monotona.
La sento ma non ci faccio caso. Anzi sì, ci faccio caso, ma non troppo, inconsciamente la seleziono, giudico che non è importante, quindi l’archivio. Qualcuno è entrato nel bar e chiede qualcosa alle persone. Dei soldi, immagino, ma continuo a scrivere, non mi deconcentro e non c’è nulla di interessante nella monotona richiesta di qualche centesimo da parte di quel signore che non ho ancora osservato, né ho intenzione di farlo. Scrivo, dimentico la sua presenza e scrivo, cancello, riscrivo.
Poi, all’improvviso, smetto di scrivere.
Sono stordito, emergo dall’isolamento in questo collettivo. Ho sentito delle parole, qualcosa che mi ha destato, che adesso richiede tutta la mia attenzione. Distacco lo sguardo dal portatile, mi volto verso sinistra. La voce proveniva da lì, in direzione dell’uscita. Era la voce di quel signore che avevo archiviato (curioso archiviare le persone). Ho percepito la sua ultima frase prima che uscisse, una voce mesta, una frase sussurrata senza importanza, mentre ormai era sull’uscio. Non era una richiesta, non era la frase di un postulante. Era una constatazione, una frase buttata lì, fra sè e sè. Lo immaginavo mentre la pronunciava a testa bassa, trascinandosi un po’ , senza darvi importanza. Questa frase così flebile io l’ho sentita distintamente. Lavoravo, ma forse qualcosa di vigile in me si rifiutava di archiviare.
“Nessuno mi aiuta… Proprio nessuno.”
Così ha sussurrato il signore mentre usciva. Il suo sconforto mi è arrivato come una melodia, un archetipo che non potevo non intendere, che mi ha catturato.
Mi sono voltato, ma il signore non c’era più. Era uscito dal mio archivio e anche dal locale. Ho osservato intorno: nessuno guardava verso la porta. L’avevo sentita solo io quella frase? Cerco di individuare il signore, ma era sparito nella folla, al freddo inverno. Le luci di Natale scintillano, ma non illuminano. “Nessuno mi aiuta… Proprio nessuno”. Non me l’aspettavo. È come un missile che sibila verso l’obiettivo e tu sai che lo raggiungerà e poi esploderà. È un disastro umano: “Nessuno mi aiuta. Proprio nessuno”. Avrei voluto darle questo aiuto signore, ma non ho capito. Ho confuso la meccanica ripetitività di una richiesta, con il suo stesso dramma e ho archiviato la pratica. Ed era vero: non ci sarebbe stato aiuto. Torno a guardare le lettere nere impresse sullo schermo bianco. Non è più tempo di scrivere, è tornato il tempo di pensare.
Quando arriva Federica le racconto l’accaduto. Poi ci teniamo per mano e ci perdiamo fra la folla e dentro queste luci che non illuminano più.
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