Blue Giant vol 1 (vedi Blue Giant in Amazon – link non sponsorizzato), è un insieme di racconti che parla di jazz e di due ragazzi che lo suonano: Dai Miyamoto, e Shuei. All’inizio del racconto vediamo Dai suonare il sax lungo un fiume della sua città e frequentare una scuola che raggiunge in bicicletta, dalla quale è abbastanza annoiato, e anche il gioco della pallacanestro non lo soddisfa.
Shuei invece suona la chitarra e il pianoforte nella propria stanza ed è il grande amico di Dai.
Tuttavia i due ragazzi non si appassionano insieme al jazz. Questa contemporaneità che ci viene presentata nel racconto è solo un artifizio letterario per farci capire come le cose si intrecciano. In realtà il primo a venire a conoscenza del jazz è Shuei è lui ad aver intrapreso la conoscenza del jazz: Miles Davis, Coltrain e altri famosi jazzisti praticamente scomparsi dagli orizzonti musicali giapponesi e specialmente sconosciuti ai ragazzi di Tokyo.
Parliamo di passioni
Notiamo che Shuei afferma che non sa spiegare che «roba sia» quella musica, ma è «una roba che spacca.» È importante questo passaggio perchè la musica jazz in Shuei è certamente scoperta dal suo istinto, come qualche cosa che gli «entra dentro.» Ma il suo approccio è molto classico, istituzionale. Egli infatti inizia a collezionare cd e suona jazz seguendo gli spartiti e studiando a fondo questo nuovo genere musicale. Vedremo invece che Dai, quando verrà preso dalla stessa passione per il jazz, avrà un approccio più istitintivo e meno organizzato di Shuei.
Intanto i ragazzi fanno una vita normale, giocano a basket con i loro amici, parlano a scuola di varie cose, e anche di questa nuova passione di Shuei.
E qui la storia fa un salto avanti, andando al momento in cui Dai Miyamoto chiede come regalo un sax e lo suona lungo il fiume.
È curiosa questa storia. Intanto e i due protagonisti, Dai Miyamoto e Shuei si confondono facilmente anche per la loro somiglianza (solo la disposizione dei capelli rende semplice la distinzione). Poi perché la passione del jazz nasce da Shuei ma chi la coltiverà costantemente tutti i giorni sarà Dai Miyamoto.
Inoltre questa storia. come abbiamo visto fin’ora, non è condotta secondo una precisa successione temporale e anche da un punto di vista grafico i flashback non sono distinti con precisione, i piani si intersecano. Il momento in cui vediamo Dai suonare lungo il fiume, in realtà, è un intreccio che nella fabula capiterà più avanti, quando Shuei abbandonerà l’iniziale passione per il jazz, dopo che i due amici si saranno separati anche a causa di scelte universitarie diverse.
Siamo abituati alle storie occidentali dove i flashback sono chiarissimi, può cambiare anche la colorazione, la musica (in un film), la composizione stessa. Questo avviene, secondo me, perché la storia mette in luce la passione e i sentimenti che attraversano questi due amici, che come vedremo, sono quasi intercambiabili, trasferibili. Non conta capire tutti i dettagli, ma entrare in un’atmosfera, afferrarne il senso, farsi guidare dalle loro stesse passioni.
A uno spettacolo jazz, come un nastro di Möbius
A un certo punto si arriva al momento in cui Shuei invita Dai ad assistere a uno spettacolo di jazz. Dai non suono ancora nulla e non sa che cosa sia il jazz e non ha neppure ascoltato i CD che Shuei gli ha fornito.
Ma a questo punto, cioè proprio nel momento in cui devono assistere a questo concerto, la storia si interrompe, fa un salto avanti di cique anni, quando Dai Miyamoto raggiungerà la nuova casa del suo amico Shuei – che non vede da diverso tempo. Dai entra nella cameretta di Shuei ed ecco che il pianoforte è coperto da un telo, la chitarra è nella sua custodia e scopre che Shuei non suona più nulla, ma si dedica allo studio presso la Facoltà di Medicina. Del resto la sua famiglia è composta da medici.
A un certo punto Shuei chiede a Dai che cosa c’è nella sacca che si porta appresso. Dai, dal canto suo, estrae dalla sacca il suo sax. Quello che abbiamo visto suonare lungo il fiume proprio in apertura della storia.
E sapete che sa dice Dai a Shuei a questo punto? Gli dice che quella volta che Shuei gli aveva chiesto di accompagnarlo a un concerto si era innamorato del jazz. È scattato qualche cosa, ed ecco quindi il sax che esce dalla sua sacca. Come abbiamo visto Shuei invece aveva scoperto il jazz dai CD e aveva imparato a suonarlo dagli spartiti. Sapeva tutto del jazz, dei sax alti e tenori, dei walking bass e così via, ma la sua era una “conoscenza conosciuta“, una passione fredda, diciamo così, che derivava dallo studio e perciò, quando si era trovato a un vero concerto jazz, al quale lui stesso aveva invitato un Dai riluttante, be’ quella musica non gli piaceva più, era troppo diversa dai CD che aveva imparato a suonare. Avviene uno scambio di posizioni, una torsione, come una sorta di nastro di Möbius delle passioni che si ribaltano e passano da uno all’altro.
Lungo il fiume con un sax
I due ragazzi allora si recano lungo il fiume perché Dai vuole assolutamente fare sentire a Shuei, che era un musicista esperto, come suona il sax. Shuei osserva che Dai ha qualcosa di incredibile, suona con una passione straordinaria. Non si può affermare che l’amico sia davvero capace di suonare, osserva Shuei (il cui punto di vista musicale è molto scolastico), ma c’è qualche cosa dentro Dai che è formidabile, che viene fuori attraverso il sax e che Shui riconosce rimanendone affascinato.
A questo punto i due amici proclamano le loro passioni, lì in riva al fiume. Dai dice di voler diventare il più grande sassofonista jazz del mondo e Shuei il più grande medico del mondo. L’intreccio delle passioni si è sciolto.
Questo è l’inizio del primo volume di Blue Giant, che parla della nascita di due passioni. Tra l’altro è anche una bella storia di amicizia.
Poi il libro va avanti, scopriremo che il sax è stato regalato a Dai dal fratello, in una situazione familiare molto complicata per lui ma, nonostante questo, ha speso quello che aveva per incentivare la passione di Dai.
Chiediamoci che storia abbiamo, sempre sapendo che siamo solo all’inizio
Prima di tutto abbiamo la storia di una passione che viene trasferita da un ragazzo all’altro, perché il primo che prova una vera passione nei confronti del jazz è Shuei ma grazie alla loro amicizia in realtà sarà poi Dai Miyamoto a raccoglierla. Vi ricordate il film Qualcuno volò sul nido del cuculo? Jack Nicoholson, con il suo comportamento, trasferisce la sua sete di libertà e indipendenza all’Indiano che poi scappa dal manicomio. Il cucuolo in effetti è quell’uccello che depone le uova in un altro nido. Poi si vedrà nel seguito della storia che questa passione andrà avanti, crescerà e si svilupperà.
Abbiamo detto che con i nostri canoni occidentali si può fare un po’ fatica a comprendere il futuro, il passato e il presente rimescolati continuamente. Quello che ci chiediamo è perché avviene questo intreccio?
Raccontare davvero i sentimenti
Come ho detto subito, ciò che deve rimanere sono proprio i sentimenti che conducono a questa passione. È una storia di passioni, chi l’abbandona per una strada che non si sa dove condurrà – forse potrebbe essere stata condizionata dai genitori – ma abbandonandola la trasferisce al suo amico e il suo amico, che all’inizio la rifiutava, infine la segue. Inoltre chi la praticava per primo, con studio e applicazione raggiungendo una conoscenza elevata non la segue più, mentre chi l’ha scoperta in seguito, senza alcuna base musicale, solo ricalcando e imitando i suoi che sente, lasciandosi guidare dall’istinto è l’altro, Dai.
Fra l’altro i mangana giapponesi si differenziano dagli autori della graphic novel americana anche perché sono molto attenti all’espressione dei sentimenti dei personaggi e anche alla loro introspezione. Non voglio stabilire giudizi, leggo moltissimo la graphic novel di tutti i tipi. Quello che mi interessa sottolineare sono le peculiarità che possiamo incontrare, le varietà dalle quali imparare.
Perché in questa storia ci imbattiamo in modi così diversi e anche originali di rappresentare il rapporto tra sentimenti, emozioni e soggetti che le vivono?
Be’, intanto non stiamo parlando di riparare un computer o di mettere su strada una motocicletta. Non stiamo parlando di insegnare a suonare la chitarra o di insegnare la critica letteraria o la storia del cinema, stiamo parlando di qualcosa di intimo, che ha che fare con l’essenza umana e inconscia, con le pulsioni e i legami affettivi da un lato e con le costrizioni, le abitudini, l’adesione a canoni scolastici dall’altro. Perciò andiamo a finire sempre lì: se li vuoi raccontare questi sentimenti ed emozioni, il tuo racconto deve essere conforme alla loro variegata e imprevedibile natura e non a una pretesa struttura narrativa che, del resto, non esiste.
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