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Parla Paolo Ferrari
Esistono già molti podcast dedicati al calcio, e altrettanti alla storia, tra cui uno mio, che si chiama Il Prof di Storia. La mia idea, però, è qualcosa di diverso.
Prendiamo la Grande Ungheria di inizio anni Cinquanta, che viene sconfitta solo (in modo sorprendente e non senza qualche sospetto) dalla Germania ovest nella finale della Coppa del mondo del 1954, dopo quattro anni di imbattibilità. Sono gli anni più cupi della Guerra fredda, gli ultimi di Stalin, quelli della guerra di Corea, del maccartismo. Est e Ovest si stanno armando fino ai denti. La Grande Ungheria nasce proprio come tentativo pilotato dall’alto di dimostrare la superiorità dello sport – e, di conseguenza, dell’intero sistema – socialista su quello capitalista. Per gli ungheresi, poi, diventa l’unico raggio di luce in una esistenza difficile, fatta di penuria alimentare e di paura per la polizia segreta. E tra la rabbia e la frustrazione dopo la finale del ’54 e le proteste del ’56 esiste più di un legame.
Intanto, ogni argomento verrà sviluppato in un ciclo di quattro episodi, con cadenza settimanale. Per quanto riguarda la scelta, non è stato difficile. Prendendo in considerazione i grandi avvenimenti del Novecento, mi sono accorto che praticamente sempre c’è il calcio di mezzo. Guardiamo ad esempio il totalitarismo hitleriano, con l’Anschluss e la meravigliosa vicenda del campione austriaco Sindelar, o il fascismo e i Mondiali del 1934: davvero furono vinti “grazie” a Mussolini? Oppure ancora: sapete che la diffusione del calcio ha il suo germe nelle trincee della Grande guerra, quando il pallone era uno dei passatempi più diffusi nelle immediate retrovie del fronte?
Ecco… non voglio fare troppi spoiler, ma la partita di Natale probabilmente non si è mai disputata… ma seguite il podcast per conoscere tutta la storia!
Sì, si chiama Il Prof di Storia e, come dice il nome, tratta argomenti storici in episodi un po’ più lunghi di quelli de Il Calcio e la Storia. In questo momento sto realizzando un ciclo sulla Prima guerra mondiale, ma qui spazio ben oltre il Novecento: mi sono occupato, ad esempio, di Risorgimento, di Rivoluzione francese, di Riforma protestante, dei Longobardi…
Avevo appena finito di spiegare la Prima guerra mondiale. In classe, avevamo fatto un laboratorio sulle lettere dei soldati in trincea. Ora, dovevo iniziare il dopoguerra, con la Conferenza di Parigi e il Trattato di Versailles. Entro nella mia terza. Metà classe è a casa, per la prima epidemia di influenza post-covid. Così, mi viene un’idea. Quel pomeriggio, a casa, con il cellulare, registro un podcast.
Finito di registrare la puntata, mi trastullo a mettere una musica. L’effetto mi piace. Apro il podcast. Lo chiamo Il Prof di Storia, poi mia moglie mi fa un logo. Il primo episodio, che si intitola appunto “La Conferenza di Parigi”, pubblicato nel dicembre del 1922, fa una ventina di ascolti. In pratica, i miei alunni. Poi, perdurando l’epidemia di influenza, registro una nuova puntata, sull’impresa fiumana di D’Annunzio.
Non me ne accorgo, ma sono entrato in un vortice da cui non riesco più a uscire: fare podcast di storia è appagante. L’aspetto che mi avvince di più è la possibilità di unire la dimensione didattica e quella di studio della storia, visto che per preparare le puntate mi documento, leggo, approfondisco, io stesso imparo cose nuove.
Gli episodi si susseguono: la crisi del 1929, un ciclo sulla Seconda guerra mondiale, un’incursione nel Medioevo (eh, ci sono anche gli alunni di prima) per parlare delle guerre tra Federico Barbarossa e i Comuni.
Un episodio sulla guerra del Vietnam (che, ancora oggi, è quello con più ascolti in assoluto) lo scrivo e lo registro lavorando insieme a un gruppo di alunni appassionati di storia. Gli ascolti crescono, e oggi mi ascoltano persone che con la mia scuola non c’entrano nulla.
I ragazzi in realtà non ascoltano molto volentieri i podcast, e sono più portati alla dimensione visuale; per capirci, preferiscono un bel video su YouTube. Il podcasting, però, può diventare uno strumento didattico potente se il podcast viene realizzato dagli alunni. In questo, è un pioniere in Italia Alberto Pian, che da subito ha creduto nel progetto de Il Calcio e la Storia, e mi ha aiutato a creare e a produrre il podcast.
Far realizzare un podcast dagli alunni mette in gioco competenze diverse, e certamente permette di apprendere qualcosa in un modo originale e attivo.
E non importa se il risultato finale non è particolarmente raffinato: progettare una scaletta, fare ricerche, scrivere testi, parlare al microfono… riuscire a fare tutto questo, per di più cooperando in gruppo, è infinitamente più importante, dal punto di vista didattico.
Ovviamente il calcio è solo una passione. Ho iniziato a seguirlo da bambino, da ragazzino ho giocato per qualche anno, e ora la partita di calcetto del lunedì con gli amici è un momento irrinunciabile.
Tra gli argomenti che ho scelto per la prima stagione, quello cronologicamente più prossimo è la caduta del muro di Berlino con la Germania campione del mondo a Italia ’90 pochi mesi dopo.
Parlando da storico, non ha molto senso giudicare se il mondo del calcio di oggi è migliore o peggiore di quello del passato, un po’ come è molto divertente, ma poco logico, decidere se Puskas è più forte di Cristiano Ronaldo. Da storico, devo osservare il cambiamento, che è ovviamente enorme, e cercare di capirlo. Sarebbe un discorso molto lungo, ma certamente lo slittamento verso una dimensione più spettacolare e meno identitaria, con tutto ciò che questo comporta, mi sembra il cambiamento più importante.
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