Prima versione
M.me Bovary camminava rapidamente senza alzare lo sguardo. Sorrideva tra sé sotto il velo nero, mentre la città si risvegliava. Immaginava l’incontro con Léon che fra poco avrebbe abbracciato. Non faceva caso a quello che succedeva intorno a lei. Continuava a sorridere sapendo che avrebbe ritrovato quel piacere che aspettava con impazienza da una settimana. Non doveva farsi notare e perciò camminava svelta senza seguire la folla, costeggiando i muri per evitare di mostrarsi. Non si curava neppure dei profumi che cominciavano a diffondersi o del vociare sempre più insistente. Ma ecco che finalmente, arrivata sudata e trafelata fino in fondo a quella piccola stradina, vedeva i riccioli di Léon, che si mostravano sotto il suo largo cappello, abbassato per nascondere il viso!
Seconda versione
La città si stava risvegliando. I commessi con le cuffiette greche stavano pulendo le facciate dei negozi e delle donne, che tenevano le ceste sui fianchi, emettevano un grido acuto agli angoli delle strade.Camminava con gli occhi a terra, sfiorando i muri e sorridendo con piacere sotto il velo nero abbassato. Per paura di essere vista, di solito non prendeva la strada più breve. Si infilava tra i vicoli bui e arrivava sudata in fondo alla Rue Nationale, vicino alla fontana. Questo è il quartiere del teatro, delle bettole e delle ragazze. Spesso un carretto le passava accanto, tasportando qualche allestimento traballante. Dei ragazzi in grembiule versavano sabbia sui lastroni, tra cespugli verdi. Si sentiva l’odore dell’assenzio, dei sigari e delle ostriche. Svoltava un angolo e lo riconosceva dai capelli ricci che sbucavano dal cappello. Léon continuò a camminare sul marciapiede. Lei lo seguì fino all’albergo; egli salì, aprì la porta, entrò… Che abbraccio!
Per un confronto, il testo originale francese è questo: «La ville alors s'éveillait. Des commis, en bonnet grec, frottaient la devanture des boutiques, et des femmes qui tenaient des paniers sur la hanche poussaient par intervalles un cri sonore, au coin des rues. Elle marchait les yeux à terre, frôlant les murs, et souriant de plaisir sous son voile noir baissé. Par peur d'être vue, elle ne prenait pas ordinairement le chemin le plus court. Elle s'engouffrait dans les ruelles sombres, et elle arrivait tout en sueur vers le bas de la rue Nationale, près de la fontaine qui est là. C'est le quartier du théâtre, des estaminets et des filles. Souvent une charrette passait près d'elle, portant quelque décor qui tremblait. Des garçons en tablier versaient du sable sur les dalles, entre des arbustes verts. On sentait l'absinthe, le cigare et les huîtres. Elle tournait une rue; elle le reconnaissait à sa chevelure frisée qui s'échappait de son chapeau. Léon, sur le trottoir, continuait à marcher. Elle le suivait jusqu'à l'hôtel; il montait, il ouvrait la porte, il entrait… Quelle étreinte !»
Quali sono le principali differenze fra questi due brani che trattano lo stesso argomento?
Dite che sono entrambi “narrativi”? Certo, mi sta bene: sono due versioni narrative dello stesso racconto.
Sicuramente la prima versione è più breve e più scorrevole, meno ricca di dettagli, punta al sodo: all’emozione dell’incontro. Anche nella seconda versione risalta l’emozione dell’incontro, ma questa è intrecciata all’atmosfera e al contesto.
Dunque il primo racconto punta maggiormente all’emozione provata da M.me Bovary che si dovrebbe trasferire al lettore; invece il secondo integra l’emozione in un quadro più ampio, dove i dettagli sono importanti perché orientano…
Che cosa, esattamente, orientano?
Orientano la psicologia del personaggio, perciò mettono in risalto i sentimenti. Vediamo come.
Nel primo racconto sono stati volutamente tralasciati diversi dettagli per puntare al rinnovato piacere che M. me Bovary avrebbe riprovato a incontrare il suo amante Léon. Nel secondo racconto, che è una traduzione (mia) del testo di Flaubert, questi dettagli assenti nella prima versione, sono invece presenti perché ricostruiscono molto bene l’atmosfera del tragitto compiuto per ritrovare Léon. Fra i dettagli che la prima versione ignora figure il fatto che M. me Bovary sceglie la strada più corta, passando dal quartiere delle prostitute (filles, tradotto con “ragazze” che ho anche messo in corsivo).
La via delle prostitute
Cambiare tragitto per non farsi notare è naturale in un adulterio. Ma perché passare in una via di prostitute o, in generale, perché attraversare quartieri degradati?
Dettagli come questo fanno impercettibilmente riflettere i lettori perché il racconto va al di là della semplice descrizione dell’emozione provocata da un incontro, poiché quello che conta, in questa vicenda, è proprio il tragitto scelto da M. me Bovary.
È legittimo o no che il lettore si chieda se M. me Bovary, al di là del proprio piacere, non si senta in colpa per l’adulterio che sta compiendo?
È o non è legittimo chiedersi se in fondo un po’ “prostituta” si senta anche la stessa, M. me Bovary?
Del resto come veniva giudicata – e come spesso ancora oggi viene giudicata – una donna che “tradisce” il proprio marito? E teniamo conto che quello di M. me Bovary era anche stato un matrimonio combinato, perciò l’adulterio potrebbe essere addirittura dato per scontato.
Un confronto fra le due versioni
La prima versione funziona certamente, ma la seconda tocca la sensibilità del lettore, si insinua nella complessità delle sue percezioni durante la lettura perché le immagini mentali fornite tendono a impegnarlo in una riflessione.
La colpa caratterizza i sentimenti, apre le porte alla “lunga durata” di una storia, aggancia il pubblico, seppur non consapevole e non in grado di formulare correttamente la questione del possibile legame tra M. me Bovary e il suo passaggio fra le donne di strada.
Del resto la seconda versione è quella dell’autore Gustave Flaubert, mentre la prima l’ho scritta io stesso per farvi riflettere sul tema.
La seconda versione è tratta da un classico della letteratura, la prima versione corrisponde a come uno storyteller, un copy, una IA guidata, scriverebbero oggi quel passaggio perché sarebbero condizionati dalla necessità di riferirsi a delle «emozioni», cioè ragionerebbero in base a opportunità e tecniche. Inoltre, ma non meno grave, non avrebbero la capacità di dipingere con due semplici tratti tutta l’immensa portata e il significato che quella banale vicenda assume per due specifici personaggi, come è invece in grado di fare un grande autore «classico» come Flaubert. Anzi, direi di più: gli scrittori di professione legati al marketing e alla comunicazione mainstream lavorano per scopi e per obiettivi e quindi devono per forza ignorare i personaggi, anche se in realtà si illudono di costruirli e, a sentir loro, anzi, partirebbero proprio dai personaggi (character). Gli autori invece lavorano seguendo e immaginando personaggi che non conoscono e non conosceranno se non alla fine di una storia e comunque, alla fine, li conosceranno solo parzialmente – anche se li hanno creati – e dunque lavorano senza un obiettivo esplicito o modelli preconfezionati.
Discorso libero indiretto
Bisogna anche sapere che Flaubert ha introdotto dei cambiamenti significativi alla lingua francese e alla sua grammatica e ha impiegato molto spesso nell’opera il discorso indiretto libero che gli ha permesso di rappresentare una sorta di «soggettiva», cioè il punto di vista dei protagonisti.
Egli passa sovente da una esposizione del racconto in quanto autore onniscente, a una esposizione più interna relativa al personaggio, che sembra provenire dal personaggio stesso. Questi passaggi continui tra i due livelli narrativi permettono proprio di entrare in relazione con la profondità dei personaggi, senza bisogno di spiegarla o, comunque, senza bisogno di trattarla in modo esplicito, che poi significherebbe passare da un messaggio narrativo a un messaggio comunicativo. Bastano solo dei minuscoli dettagli, come quelli che abbiamo visto essere presenti nel testo originale. Non esiste un modo o un metodo, esiste una cura.
Con il primo testo si è trattato di costruire una narrazione per trasmettere l’emozione di un incontro, cioè, in sostanza per «comunicare» al lettore che esiste un’emozione da seguire e quindi per suggerirgli che, da brava scimmia ammaestrata, all’apparire di questa emozione si deve emozionare egli stesso, poiché il testo è stato scritto esattamente per questo scopo e magari è anche SEO compatibile.
Meglio essere “lettore” o “scimmia ammaestrata?”
Invece il secondo testo – originale dell’autore – mostra che il cuore dell’azione non è l’incontro, ma il tragitto verso l’incontro, poiché il tragitto ci parla dello spessore e della complessità del personaggio. Un incontro fra amanti è banale. Serie TV come Grace’s Anatomy e tante altre hanno hanno campato e prosperato su queste banalità per decenni. Ma la grande questione è che non solo Flaubert non si occupa minimamente di banalità, ma non rende neppure esplicite le complessità, se non grazie ad alcuni dettagli e a un utilizzo innovativo della lingua (per esempio nelle traduzioni italiane non troverete quasi mai l’uso dell’imperfetto, che invece Flaubert impiega a mani basse per stabilire un continuum temporale e una sospensione costante della storia!), insieme al discorso libero indiretto.
Quindi da un lato abbiamo i social e l’editoria moderna che sfornano testi, romanzi e racconti a ripetizione seguendo schemi narrativi e obiettivi di marketing, dall’altro c’è un autore libero, indipendente (Flaubert è stato messo sotto processo per questo romanzo), poeta e uomo di cultura che non scrive per «comunicare» o per un qualsiasi scopo che non sia scrivere.
C’è anche da dire che proprio per queste sue variazioni linguistiche, Flaubert è stato anche aspramente criticato da altri scrittori e intellettuali dell’epoca. E aggiungiamo pure che alcuni dei più importanti traduttori italiani di Flaubert hanno proposto delle traduzioni che hanno completamente ignorato le innovazioni e lo stile di Flaubert, abbassando il livello estetico e di significato del romanzo per riportarlo a una trattazione comune.
Concludiamo la lettura di quello stesso brano
Dunque che cosa succede? Succede, semplicemente, che la banale storia di un adulterio si intreccia con il contesto e quindi ci parla dei due personaggi.
I due personaggi si incontrano e quindi entrano nell’albergo dello stesso quartiere in cui M.me Bovary è transitata. La stanza – sempre la stessa, che loro affittano settimanalmente – è chiaramente disadorna, decadente e anche poco pulita (addirittura una loro forcina per capelli viene ritrovata una settimana dopo!). Ma ai due amanti non importa, poiché sembra proprio casa loro. Questo intreccio fra ambiente decadente e i sentimenti di una passione che si esprime in un degrado che è raccontato da Flaubert – è visto dai due amanti – poeticamente, seppur nella sua «rovinata bellezza», esprime qualcosa di profondo e di complesso, forse la decadenza stessa di questa relazione che, infatti, finirà molto male, svelando la meschinità di Léon, che invece di elevare M.me Bovary, asseconda e diventa complice del suo stesso degrado che la porterà alla rovina (mentre lui si salva).
«L’appartamento caldo, con il suo tappeto discreto, i suoi ornamenti frivoli e la sua luce tranquilla, sembrava essere l’ideale per le intimità della passione. I bastoni che terminano con le frecce, gli appendiabiti di rame e i grandi candelabri improvvisamente brillavano alla luce del sole. Sulla mensola del camino, tra i candelabri, c’erano due di quelle grandi conchiglie rosa che, se accostate all’orecchio, fanno sentire il rumore del mare. Quanto amavano questa camera buona e allegra, nonostante il suo splendore un po’ sbiadito! Trovavano sempre i mobili al loro posto, e a volte le forcine che lei aveva dimenticato l’altro giovedì sotto la base dell’orologio. Pranzarono accanto al fuoco, su un tavolino con piedistallo intarsiato in legno di rosa. Emma tagliava il cibo e lui metteva i pezzi nel piatto, facendo ogni sorta di chiacchiere; e lei rideva di una risata sonora e libertina quando la spuma dello Champagne traboccava dal bicchiere chiaro sugli anelli delle sue dita. Erano così completamente persi in se stessi che pensavano di essere nella loro casa e di viverci fino alla morte, come due eterni giovani sposi.»
In conclusione
In conclusione ecco la “lezione” di queste osservazioni.
M.me Bovary attraversa il quartiere delle prostitute e incontra Léon in un albergo degradato, forse un albergo a ore per prostitute. Questi aspetti del contesto non prendono la scena, sono solo dei dettagli nel grande pranzo della narrazione. Tuttavia sono questi dettagli a farci pensare alla condizione psicologica di M.me Bovary. E, mentre ci pensiamo, sorgono delle domande:
Attenzione! Noi non siamo psicologi, il pubblico non è psicologo, psicanalista, psicoterapeuta, è semplicemente pubblico. Per cui non ci interessa spere come effettivamente possono stare le cose e, del resto, non esiste una verità, esistono solo delle interpretazioni. Quello che ci interessa è la riflessione, il gioco catartico fra personaggi e lettori, le domande che ci possiamo porre.
Infatti, interrogando il romanzo interroghiamo noi stessi. Un grande autore “classico” è questo che fa: gettare semi profondi, consistenti, che aprono le porte dell’inconscio, della psicologia, cioè dell’umanità del soggetto, pur raccontandoti una storia e senza spiegare quello che fa, ma operando in modo leggero, costante, fino al punto di innovare, di cambiare il linguaggio per adattarlo al contenuto (forma).
Al contrario, un costruttore di storie di oggi, parte dall’azione, dai fatti, dalla vicenda stessa. Costruisce l’azione e definisce i personaggi (character), non li fa agire, li prepara, li confeziona, scrive per un obiettivo, spesso legato al marketing o al “posizionamento” del contenuto per un dato “target”, e dunque non può toccare l’umanità dei personaggi, curarne i dettagli, muoversi con la delicatezza di un chirurgo che svolge e conclude l’operazione senza che tu possa vedere l’organo. Se riesce a toccare livelli di umanità e psicologici è perché sa che li deve inserire nel racconto e quindi li costruisce.
Nel primo caso la coscienza e il livello culturale del pubblico si eleva, nel secondo caso si abbassa integrandosi in una cultura di massa mainstream.
La morale, secondo me, è questa:
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