Alberto Pian

A PROPOSITO DI YUKIO MISHIMA, GLI USA E IL GIAPPONE

Vorrei fare una cosa che faccio di rado: parlare di un autore collegandolo a un contesto storico. Come sapete scrivo sui testi da un punto di vista narrativo, senza corrispondenze storiche, pur essendo uno storico, e normalmente senza riferimenti a biografie di autori e a movimenti letterari! Però in questo caso ho alcune riflessioni che sottopongo alla vostra attenzione, senza alcuna pretesa di avanzare ipotesi e conclusioni.

Yukio Mishima

Yukio Mishima è uno scrittore giapponese, il suo vero nome è Hiraoka Kimitake (Tokyo 1925 – 1970). È stato uno scrittore di romanzi, un drammaturgo, autore di saggi, regista cinematografico. È l’autore giapponese più tradotto e letto all’estero. Penso che l’elemento più significativo della sua vita, quello per il quale è molto conosciuto, sia lo spettacolare suicidio samurai (seppuku o harakiri) con il quale si è tolto la vita all’età di 45 anni. In quell’occasione aveva occupato il ministero della Difesa dell’esercito di difesa giapponese con alcuni suoi seguaci e, dopo aver letto un discorso nazional-patriottico a una piccola folla di soldati che lo ascoltava dal cortile, si toglie la vita secondo la tradizione samurai, aprendosi il ventre e facendosi contemporaneamente decapitare.

Non voglio parlare qui della sua vita e delle sue convinzioni politiche. ma mi incuriosisce questo: il Giappone è stato oggetto di particolari vessazioni e oppressioni da parte dell’imperialismo americano. 

USA e Giappone: una secolare politica di aggressione

Il 14 luglio del 1853 quattro navi da guerra americane approdavano a 80 km da Toryo per imporre al Giappone relazioni commercial con gli USA. Il presidente americano Fillmore aveva scfritto una precisa lettera per l’Imperatore. Il 6 e 8 agosto 1945, senza nessun motivo militare, gli USA colpiscono la popolazione inerme di Hiroshima e Nagasaki con due bombe atomiche e quindi danno inizio all’occupazione militare del Giappone il cui governo sarà posto sotto amministrazione americana. Ancora oggi si può tranquillamente affermare che il Giappone è una sorta di “cortile” degli USA, nei confronti dello quale deve rispettare regole (ricatti) commerciali di ogni genere.

Dico questo perché la questione che mi pongo è la seguente: perché Mishima si è tolto la vita invece di andare fino in fondo nell’organizzazione di un movimento nazionale contro gli USA e la loro politica secolare di aggressione e umiliazione nei confronti del Giappone? Perché in Giappone non è sorto un movimento di massa anti – americano? Questo ha a che fare con una tendenza a interiorizzare colpe improprie da parte del popolo giapponese? A provare un senso di colpa invece di praticare una rivolta?

Due parole sulla vita di Mishima

La vita di Mishima può darci qualche idea sulla questione, nel senso di aprire una porta sulla cultura, sui sentimenti popolari giapponesi. 

Per i primi dieci anni, durante l’infanzia, sembra che Mishima fosse sotto l’ossessivo controllo della nonna che lo teneva segregato in una stanza alla quale era vietato l’accesso anche alla madre, se non per svolgere i compiti necessari. Quindi ha frequentato una scuola di tipo militare, molto spartana nella quale sviluppa tendenze letterarie anche se poi si laurea in Giurisprudenza. Dopo la sconfitta giapponese Mishima si disinteressa della vita politica del paese preferendo dedicarsi a tematiche autobiografiche e psicologiche piuttosto che sociali. Bisogna sapere che questo era anche un atteggiamento comune ai giovani dell’epoca, che avevano assistito alla disfatta del Giappone. Poi, dagli anni sessanta, coltiva arti marziali, fonda una sorta di milizia paramilitare e assume atteggiamenti simili a quelli di D’Annunzio del quale è stato anche ammiratore. Non smette di scrivere e raggiunge il successo letterario nel 1949 con Confessioni di una maschera. Si sposa, ha due figli, ma frequenta ambienti gay suscitando controversie sul suo orientamento sessuale, che non sono state chiarite neppure dopo la morte (perchè “chiarire”, poi?).

Nel 1966 scrive, dirige e interpreta un film emblematico, alla luce di quello che poi avverrà. Il film, Yūkoku, parla infatti di un ufficiale patriota che decide di togliersi la vita insieme alla moglie. Cultore di arti marziali fonda (1968) un piccolo “esercito”, il Tate no Kai,  fedele agli ideali patriottici e nazionalisti del Giappone. Infatti Mishima rigetta la tutela degli USA sul Giappone che, fra l’altro, proibiva la formazione di un regolare esercito, attribuendo i compiti di difesa agli stessi USA (Trattato di San Francisco, 1951).

Però Mishima non era un suddito infatuato: praticava certamente il culto dell’Imperatore ma non come venerazione, bensì in quanto simbolo della storia e della tradizione giapponese. Per questo dai circoli di sinistra è stato accusato di fascismo, di conservatorismo e, nonostante ciò, nel 1946 aveva partecipato anche alla redazione di una rivista letteraria di sinistra.

Come si vede da queste brevi note la vita di Mishina è piuttosto densa, confusa e contraddittoria. Rappresenta forse una tendenza reale nella cultura e nella popolazione giapponese? Io penso di sì. Per esempio il fatto che la “sinistra” si sia schierata acriticamente contro la tradizione storica del paese con la motivazione che l’Imperatore ha seguito Hitler nel suo delirio, non ha permesso di sviluppare una posizione indipendente della cultura giapponese, indipendente dal fascismo, certamente, ma anche dal terribile imperialismo USA che ha trasformato il Giappone in un poligono di di tiro per testate nucleari e in una sua dépendance economica e politica.


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