Vi parlo di Henry Kissinger.
Non lo faccio da un punto di vista politico. Ma dal punto di vista narrativo. Vi voglio porre delle questioni e poi leggerete l’inizio di un abbozzo di sceneggiatura.
Partiamo dalla questione che mi sono posto alla notizia della morte di Henry Kissinger:
Una linea indipendente
Certo, creare uno storytelling su Kissinger significa esprimere dei contenuti e una visione politica. Ma anche se è impossibile mettere da parte i propri sentimenti e le proprie convinzioni, vorrei ragionare solo sul piano del racconto.
Prima di tutto voglio prendere in considerazione Micheal Moore. Grazie a lui e ad altri intellettuali americani indipendenti ho riflettuto su una questione: mentre negli USA ci sono intellettuali in grado di rischiare la propria carriera, di esporsi personalmente, nel nostro Paese tendono piuttosto a essere ben paludati e coperti. Film che parlano di Berlusconi senza neppure nominarlo, altri che lo nominano ma ne fanno una caricatura senza peso, film che parlano di Andreotti senza trasmettere alcuno spessore emotivo sugli scenari tragici e devastanti in cui è stato coinvolto, identici casi per Moro e l’epoca del terrorismo, o sceneggiati che sembrano l’apologia della camorra e se “denunciano” si guardano bene dal rimettere in causa le complicità dello Stato e dei pezzi da novanta del nostro paese e questo senza contare tutto ciò di cui non si è mai parlato e non si parla mai. Perciò apprezzo gli intellettuali americani indipendenti che si schierano per la verità, la giustizia, i diritti. Questo per dire che farei qualcosa che colpisca il pubblico, su una strada realmente indipendente dalla comunicazione di massa che in questi giorni si occupa della biografia di questo uomo di Stato.
Non prendere il pubblico per idiota
Tuttavia, pur apprezzando la lezione di Moore e di altri, io non farei un documentario. Cioè non farei un film di informazione e di denuncia.
Vorrei dare per scontato che il pubblico sappia anche se questo, molto probabilmente, non è vero. All'epoca dei canali telematici in tutte le lingue, degli archivi pubblici, di tutta la stampa mondiale a disposizione con un clic e dei traduttori per leggerla e per documentarsi, vorrei considerare le persone come esseri umani intelligenti, in grado di documentarsi e di formare da sé stessi le proprie opinioni. Quindici anni fa forse non avrei ragionato così, mi sarei sentito in obbligo di fornire delle informazioni. Oggi mi sento libero da questa responsabilità.
Una marionetta cinica e vuota
Ecco che cosa vorrei fare: vorrei mettere in luce il cinismo senza scrupoli, la completa mancanza di valori, la natura psicotica che caratterizza certi personaggi che vivono all’ombra del potere e che lo gestiscono. Ma vorrei anche mettere in ridicolo quest’uomo. Non vorrei che assumesse le sembianze di una maschera tragica come nel teatro greco. No, vorrei che la gente rida di lui, che provi anche pena e anche istintiva repulsione e inquietudine. Vorrei che lo considerasse una persona priva di alcuno spessore, debole, un burattino nelle mani delle forze inumani e devastanti per le quali ha agito.
So benissimo che nella realtà mediatica Kissinger viene presentato come una persona astuta, intelligente, forte, un uomo deciso e capace. Io però la vedo diversamente. A mio parere è stato un uomo debole, un tassello negli ingranaggi dell’Amministrazione Americana. Certo, Kissinger è stato un uomo dell’apparato di Stato che ha capito che cosa doveva fare e come lo avrebbe dovuto fare per difendere gli interessi economici e politici della più grande potenza imperialista che la storia abbia mai conosciuto. Ma da un punto di vista umano, di uomo, di persona, Kissinger è stato quello che ha detto: “Ghe pensi mi!”. Un cagnolino fedele che scodinzola al suo padrone ogni volta che ha fatto una buona azione, ogni volta che gli ha fornito un’idea intelligente per la sua sopravvivenza, per difendere i suoi interessi. Peccato che queste buone idee siano costate la vita a milioni di persone. Le conseguenze di queste azioni sono supportate da documenti super partes, un paio dei quali ve li allego qui.
Primo motivo, non voglio cercare la verità
Ci sono due motivi per quali non mi voglio collocare sul piano di chi cerca di scoprire la verità, i traffici, le nefandezze, i complotti in cui Kissinger è stato artefice o nei quali è stato coinvolto.
Il primo motivo l'ho già indicato, non voglio dire o dimostrare al pubblico: che cos'ha combinato Kissinger. Voglio partire da questo: sappiamo tutti che cos'ha combinato. E se non lo sapete, come dicevo prima, si possono consultare tonnellate di documenti ufficiali pubblicati in tutte le lingue.
Non voglio neppure fare una ricerca (cosa che da storico so benissimo fare e ho fatto moltissime volte), per sapere fino a che punto e con quali meccanismi Kissinger sia stato coinvolto nel colpo di stato in Cile, nella giunta assassina dei militari in Argentina, nei Contras in Nicaragua, o di come abbia utilizzato la Cina contro l’URSS, di come abbia manovrato l’FBI nel Watergate, di come abbia avviato i bombardamenti segreti del Laos e della Cambogia, di come abbia coperto il regime dell’apartheid in Sudafrica e tante altre cose… Qui sotto vi mostro un documento ufficiale d’archivio che dimostra il suo coinvolgimento in una delle tante vicende. Così facendo voglio anche dare per scontato il fatto che viviamo nell’epoca della menzogna, cioè di una comunicazione di massa creata per indottrinare e instupidire le persone.
Se non dessi per scontata la verità sarei complice di un’operazione contro la verità stessa. Mi spiego: sarebbe come porre la verità sullo stesso piano della menzogna. Se la verità è ancora da cercare, allora chi può di dire che la comunicazione di massa dominante su Kissinger non possa essere veritiera? Ma c’è anche un’altra questione che a mio giudizio, nei panni di creatore di contenuti, di autore, è forse ancora più importante. È che non voglio mettere l’uomo sullo stesso piano di qualsiasi altro uomo, così come non metterei la verità storica sullo stesso piano di qualsiasi altra verità.
Da qui deriva il secondo motivo per cui non farei un docufilm o comunque una narrazione documentaristica.
Secondo motivo, non dare troppa importanza al personaggio
Il secondo motivo è che se ponessi le cose in questo modo, cioè nel senso di un docufilm o di un podcast crime o di qualsiasi altro tipo di narrazione divulgativa, darei troppa importanza al personaggio, poiché la narrazione sarebbe inevitabilmente centrata su di lui.
Ma come? Non vuoi creare qualcosa che abbia al centro proprio Henry Kissinger?
Certo, ma seguitemi nel ragionamento.
Vorrei parlare della meschinità, del cinismo, della pochezza di un soggetto da tutti, amici e nemici, comunque trattato con rispetto e considerato un grande uomo di stato. Vorrei anche ispirarmi alla lezione di Pirandello, secondo il quale il comico è un involucro che nasconde il tragico. In questo caso mi riferisco alla tragedia di soggetti umani disposti a perdere la propria umanità per asservire un sistema sociale (quello capitalista) che sopravvive solo distruggendo le forze produttive, l’uomo e l’ambiente, per accumulare capitali, speculare nei mercati finanziari, produrre armi, fomentare guerre…
Che cosa c’è di più terribile in un essere umano della sua fragilità di fronte a un potere nefasto? Il suo rendersi macchina, ingranaggio, scimmia ammaestrata, cagnolino scodinzolante, zerbino davanti all’uscio di una qualsiasi Casa Bianca? Che cosa c’è di più terribile in un uomo della sua disgregazione morale?
Io la vedo così.
Un miscuglio di emozioni tutte insieme
Perciò vorrei far ridere il pubblico, lo vorrei far piangere e, lo vorrei far inorridire, tutto insieme, non in successione, se possibile. Vorrei insinuare un tarlo emotivo che scaverà per sempre. La grande differenza fra quello che vorrei comunicare e quello che molti comunicano è nella qualità. Molti riconoscono i crimini di quest’uomo che sono acclarati. Ma, allo stesso tempo ribaltano la questione riconoscendogli i meriti di aver “cambiato” la vecchia diplomazia, il vecchio mondo della politica estera, di essere stato un abile tessitore di trame internazionali. Gli riconoscono intelligenza, tatto e doti di ogni genere. Il mio punto di vista è completamente diverso.
Domanda: questa dicotomia non porta acqua al mulino del personaggio? “Si, va be’ ha fatto quello che ha fatto, ma è relapolitik, appunto, è contingente, ha avuto una visione chiara e realistica, perfino geniale della politica internazionale.” Perché non ci chiediamo al servizio di chi e per quale causa ha messo le sue doti strategiche? A chi ha venduto la sua umanità (anima), questo dottor Faust, posto ne avesse avuta una?
Ma come? direste voi, hai appena sostenuto che il pubblico dovrebbe essere libero di ragionare e pensare! Si, certo, è così, e lo farei semplicemente rappresentando in forma artistica la mia posizione e quindi risvegliando una posizione indipendente da parte del pubblico. Lo farei accostando delle immagini.
Se io dico ti conduco da A verso B, in qualche modo ti manipolo, rappresento una storia che ti convince sempre di più mano a mano che procediamo. Non dico che non si debba mai adottare questa linea narrativa. Dico che non la voglio seguire adesso, parlando di Kissinger. Se invece parto subito da B tu non sei condotto a pensare quello vorrei che tu pensassi, ma sei libero di pensare quello che vuoi. Anzi, sei costretto a pensare qualcosa di tuo.
Dadaisti e “Teatro dell’Assurdo
Mi ispirerei anche alla lezione dadaista e ai loro spettacoli. I dadaisti, così come il teatro dell’assurdo, di cui ho già parlato in una lunga trattazione in questo blog, non spiegavano, davano per scontato e poi mostravano quello che a tutti era nascosto: l’assurdità della vita borghese, dei suoi personaggi, di una classe dominante che per sopravvivere può solo distruggere e fomentare il cinismo e le più grandi assurdità del momento.
Non voglio, cioè, fare un’opera pedagogica, divulgativa. Ma, come Charles Baudelaire nel suo diario personale Il mio cuore messo a nudo voglio far inorridire, distaccare, commiserare, fare in modo che vengano assunte delle posizioni, che si sviluppino delle reazioni.
Premio Nobel, quando il potere riconosce i suoi
Pensate a questa assurdità. Il premio Nobel a un personaggio che ha siglato una “pace” sulla base della divisione di una nazione. Una pace dopo aver ordinato segretamente i bombardamenti in Cambogia e Laos. Una pace saltata per aria meno di due anni dopo, quando gli addetti dell’ambasciata americana a Saigon sono dovuti scappare sul tetto aggrappandosi a elicotteri stracolmi che affondavano in mare, per sottrarsi all’insurrezione generale che ha portato all’unificazione del Vietnam.
Si è trattata di un’assurdità? No, se pensate che il Premio Nobel è uno dei riconoscimenti che gli stati maggiori di questo sistema offre ai “suoi”. Qualche marginale riferimento a questi “giudici” che non leggono neppure i romanzi degli autori che premiano (fatto ufficialmente acclarato), non starebbe male in questa narrazione che parla del cinismo, della povertà, dell’inconsistenza di certi esseri umani.
Ok, va bene, basta così, abbiamo capito. Come realizzeresti concretamente questa cosa? Giusto, torniamo a noi, alla narrazione su Henry Kissinger.
ELEMENTI PER UNA SCENEGGIATURA
Film in B/N, contrastato, stile Noir.
SEQUENZA 1
ASSOLVENZA
1
(MdP in mano posizione bassa verso terra. Campo Largo.)
Pavimento di grisaglia, corridoio con pareti piastrellate. Si percorre il corridoio vuoto. Una svolta, un’altra svolta. Una porta.
La porta si apre lentamente.
2
(MdP in mano dal basso a salire molto lentamente. Primissimo piano, non si vede il contesto )
Un paio di scarpe, pantaloni caduti sulle scarpe, spuntano un paio di calzini corti bianchi. Si percepisce un movimento ritmico del corpo.
Gambe pelose, storte, brutte. Alle loro spalle si percepisce la colonna che sorregge il water. Stiamo inquadrando la fiera del cattivo gusto. La MdP sale ancora fino a vedere chiaramente la mano di un uomo con il suo membro mentre si masturba. Si vede il getto dello sperma.
3
(Rallentatore. Dissolvenze incrociate)
Il getto di sperma viene mostrato al rallentatore. La parabola dello sperma diventa quella di un missile che si schianta su un villaggio vietnamita. Lo sperma si sparge sulla giacca.
4
(MdP sempre in mano. Dettaglio)
Sorriso di godimento dell’uomo, il volto non si vede ancora. Il sorriso è una smorfia di autocompiacimento.
5
(Carrellata indietro, molto lenta)
Il sorriso si trasforma in uno sforzo. Dal sorriso si intravede il volto senza occhiali concentrato in questo sforzo immenso.
6
(Carrellata avanti velocissima. Da interno bagno a interno water)
Dal viso all’escremento che esce dal deretano dell’uomo che si infila rapido nel tubo di scarico.
7
(Dissolvenza)
L’escremento si dissolve in una grossa bomba al napalm
8
(Campo largo)
Si inquadrano centinaia di bombe sganciate dai bombardieri in Vietnam.
9
(Campo stretto, veloce, poi rallentatore sulle membra)
Si torna alla prima bomba. La seguiamo nel suo tragitto con la stessa inclinazione e movimento dell’escremento di cui prima, fino a schiantarsi su una famiglia di contadini e vedere volare in pezzi le loro membra con schizzi di sangue direttamente sull’ottica della MdP.
10
(Stacco. Ambiente bagno. Primissimo Piano. Dettaglio sorriso. Totale bagno)
Sorriso molto disteso e rilassato dopo lo sforzo compiuto.
Persona seduta sul water, in modo scomposto, ridicola nella sua posizione brutta, goffa, innaturale. Si distingue il personaggio, è Henry Kissinger senza occhiali.
11
(Inizio piano sequenza.)
L’uomo è stravaccato sul water con il pene visibile e moscio sul lato, macchie di sperma sulla giacca. Resta così per 20 secondi.
L’uomo si alza cerca la carta igienica. Ce n’è solo un pezzetto. Cerca di pulirsi con quella, in modo impacciato. La carta si rompe, la mano si sporca di escrementi. Con i pantaloni a terra e i calzini che spuntano a fondo polpaccio, la cravatta penzoloni, la camicia sbrindellata e la giacca scura, cerca gli occhiali. Sono per terra, il pavimento è sudicio. Gli occhiali sono sporchi di sperma. Cerca di pulirli con la camicia. Senza occhiali non vede bene e la mano è sporca di escrementi, è un casino. Si toglie la cravatta per pulirsi il deretano con quella e poi la getta nel water. Si avvicina al lavabo, non c’è sapone non c’è nulla, si pulisce le mani come può. Sempre con i pantaloni abbassati alle caviglie, poiché non li può sporcare con le mani sozze. Ma lembi di pantaloni sdrusciano per terra dove ci sono chiazze di urina. Quindi si pulisce le mani solo con l’acqua. Non ci sono asciugamani. Si asciuga le mani con la parte bassa di camicia. Cerca di tirare via lo sperma dalla giacca sempre usando lembi di camicia. Nei movimenti è impacciato, buffo, grottesco. Alla fine con un pezzo di vetro che trova sul lavandino taglia la camicia, la bagna e si pulisce la giacca, Con la stessa camicia si ripulisce il deretano e getta tutto nel water. Tutti i movimenti sono goffi. L’uomo è sudato, ansioso. Si riveste come può, senza più la cravatta. Prova a tenere il colletto slacciato, si guarda allo specchio. Non va bene. Allora lo allaccia. Camicia allacciata senza cravatta. Non va bene ma può essere un capriccio eccentrico. Rimane così.
12
(Fine piano sequenza. Inizio soggettiva altezza spalle)
Esce dal gabinetto. Percorso a ritroso nel corridoio iniziale con le due svolte invertite. Dopo la seconda svolta si intravede in fondo al percorso una luce attraverso una porta trasparente a vetri. Apre la porta. La supera. Applauso scrosciante. Lui si guada le scarpe, non gira la testa al pubblico. Vede che sulla mano c’è ancora il segno di un escremento. Cerca di metterla in tasca per pulirsi. Troppo tardi.
13
(Fine soggettiva. Inizio piano sequenza. Inquadratura frontale del palco, campo largo. Il pubblico non si vede mai)
Un uomo in smoking gli viene incontro e gliela stringe. Altro applauso dalla sala. Si vede che siamo in un teatro. L’uomo è sul palcoscenico, altri quattro in smoking lo accolgono. Il medaglione del premio Nobel è sul tavolo. Gli viene consegnato, egli lo prende con la sinistra perché la destra è sporca e non sa dove metterla. Approfitta un istante che gli sguardi sono concentrati sul premio, per metterla in tasca. Pulisce la mano nella tasca strofinandosela nei calzoni. L’uomo fa un sorriso di circostanza, è ansiono e imbarazzato. Nessuno sembra accorgersi di sulla.
14
(Fine piano sequenza. Campo americano sull’uomo)
L’uomo finalmente guarda la sala. Capisce tutto. In un attimo si ricompone. Lo sguardo diventa freddo, la schiena diritta, si appresta ad assumere il controllo della situazione, dei presenti, della giuria, a imporre la sua Legge.
15
(Carrellata avanti molto lenta a stringere sugli occhi)
È compiaciuto, il volto è duro e glaciale, il sorriso cinico, sarcastico, gli occhi freddi. Chiusura sugli occhi.
16
(Fermo immagine sugli occhi)
Rumori di spari, voci di ufficiali americani che impartiscono ordini, urla di persone e pianti di bambini.
DISSOLVENZA
Ecco, immagino alcune sequenze del genere sui certi avvenimenti che lo hanno coinvolto. In tutte le sequenze appare allo stesso tempo come un piccolo uomo meschino, grottesco e inquietante.
Vorrei che il pubblico uscisse dal film come se avesse mangiato quattro pozioni del dolce più nauseabondo al mondo.
RIP, egregio signor Kissinger, che come Faust ha ben servito il diavolo, questa società inumana, violenta e distruttrice, senza ricavarne un solo briciolo di sapienza e di bellezza.
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